UNA SANITÀ UNIVERSALE, PUBBLICA E VICINA AI CITTADINI

La questione sanitaria differisce da tutti gli altri problemi che un sindaco deve affrontare perché, nonostante le leggi gli attribuiscano le massime funzioni e responsabilità nel campo della salute, non ha la potestà di disporre, istituire o modificare nessuna componente del servizio sanitario che invece dipende in modo diretto dalla Azienda Unità Sanitaria Locale e dalla sua dirigenza.

Il sindaco però, assieme a tutti gli altri che fanno capo a un’unica AUSL partecipa al governo della stessa. Sarà dunque necessario, accanto ai propositi di cambiamento e miglioramento che giustamente ci siamo dati per la nuova amministrazione, delineare alcune tracce di strategia per il loro raggiungimento.

Innanzi tutto un ruolo fondamentale il sindaco di Faenza lo può svolgere come componente della Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria (CTSS) dove si affrontano sia la pianificazione generale che l’integrazione tra sociale e sanitario. Pensando al territorio faentino questo ruolo potrà essere giocato con maggior autorevolezza se i comuni dell’unione saranno alleati e condivideranno gli obiettivi; questo a maggior ragione sull’area socio-sanitaria essendo i servizi sociali, diversamente dai sanitari, gestiti direttamente dall’UCRF.

In questa sede inoltre si definiscono, assieme all’Azienda Unità Sanitaria Locale, i criteri territoriali che guidano i Servizi Sanitari e la distribuzione delle risorse.

Le strategie attuative del programma devono avvalersi anche di negoziazioni dirette con la dirigenza dell’Azienda Romagna per definire in modo chiaro la visione dei servizi sanitari del territorio di Faenza e dell’Unione.

Confrontarsi costantemente con quello che si vuole sia il risultato finale della politica sanitaria concertata tra Amministrazione Comunale e AUSL consentirà di avere sempre presenti le linee di indirizzo per le risorse e per l’organizzazione, consentendo di percepire il progresso verso l’obiettivo condiviso.

In definitiva il nuovo sindaco svolgerà un ruolo sempre più attivo sia sul piano della programmazione che del controllo dei risultati, inoltre, intermini di programmazione, concerterà con l’Azienda le caratteristiche dell’organizzazione sanitaria sostenendo le istanze del proprio territorio (anche in riferimento al territorio dell’Unione).

Un altro punto qualificante sarà la decisa scelta per il servizio pubblico. Le esperienze recenti legate alla pandemia Covid (ma una lettura simile si poteva già fare negli anni passati), ha mostrato come solo il servizio pubblico possa assicurare un livello di sanità garantito per la popolazione, non solo in termini di solidarietà, ma anche in termini di efficacia.

Il ruolo del servizio pubblico diviene indispensabile quando si voglia combattere la piaga della disuguaglianza, oggi ancora molto presente e che anzi negli ultimi tempi ha subito un incremento; si lavorerà allora per rimarginare questa ferita sociale, puntando a garantire equità di accesso ai servizi, con la collaborazione di tutti, in primo luogo con gli enti del terzo settore (volontariato e simili) che da tempo operano sul territorio.

Una comunità rispettabile e giusta non lascia nessuno indietro.

Il Comune, assieme alla ASL, opererà per assicurare una sempre maggiore integrazione tra sociale e sanitario (e ricordiamo che il sociale è in suo controllo), in modo da poter arrivare a una presa in carico condivisa, che da un lato tenga conto della globalità della persona e dei suoi bisogni e dall’altro garantisca la continuità della cura, in modo che nessuno si senta mai abbandonato.

Il Distretto Socio Sanitario rappresenta il livello di governance ideale, che integra le diverse competenze e vede nel Comitato di Distretto il livello decisionale.

LA SANITÀ TERRITORIALE

La Sanità Territoriale è stata impoverita per 10 anni almeno, cancellando posti di lavoro, sedi operative e ignorando promesse di evoluzione.

È rimasta così in posizione sostanzialmente subalterna agli ospedali e solo raramente si è riusciti a concertare modalità operative condivise per la gestione dei servizi intermedi.

Spesso invece ha dovuto sobbarcarsi quello che gli ospedali (anch’essi obiettivo di tagli feroci) non riuscivano a gestire o non ritenevano di loro competenza, senza un coordinamento, senza continuità terapeutica.

L’esperienza della gestione della Covid-19 ha reso evidente a tutti l’importanza della Sanità Territoriale, quell’insieme di servizi e competenze professionali dedicate alla prevenzione delle malattie, alla promozione della salute ed all’assistenza sanitaria primaria

Sicuramente perno dell’assistenza sanitaria territoriale è il Medico di Medicina Generale (MMG) e il Pediatra di famiglia, ma un ruolo strategico è svolto dai servizi infermieristici domiciliari (oggi sottodimensionati rispetto al bisogno) e da altre forme di assistenza a domicilio.

Si dovrà procedere a ripianare i problemi di risorsa umana del territorio, potenziando quei servizi che garantiscono assistenza al cittadino a casa sua o in massima prossimità, non scartando l’ipotesi di ripensare alcuni di questi o addirittura proporne modelli innovativi anche con la possibilità di inserirepersonale medico dipendente.

CASA DELLA SALUTE

La nostra CdS presenta solo alcune delle caratteristiche che la Regione ha previsto (in particolare non ci sono Medici di Medicina Generale) e, pur tralasciando il problema della collocazione topografica (da tempo la decisione è stata presa e i servizi trasferiti, ormai è cosa fatta) devono essere implementate altre attività e soprattutto promosse le integrazioni tra i diversi servizi attivi sul piano sanitario e su quello sociale.

Il primo lavoro quindi sarà quello di giungere al completamento operativo dell’attuale CdS optando, nel caso non si trovino MMG disponibili a lavorarci, per l’inserimento di medici dipendenti del SSN.

In una fase immediatamente successiva si potrà passare alla realizzazione di una seconda Casa della Salute (perfettamente compatibile con la popolazione faentina, secondo i criteri proposti dalla Regione), magari a partire dai locali già dell’Azienda Unità Sanitaria Locale siti in via Golfieri.

OSPEDALE

Cercando di avere una visione razionale e meno tecnica possibile:

a cosa deve servire l’ospedale per la popolazione del proprio bacino di utenza?

  1. a soddisfare innanzi tutto il bisogno di sicurezza
  2. a rendere confortevole l’accesso a prestazioni sanitarie
  3. a mantenere vicino ai cittadini del territorio alcune competenze mediche particolarmente qualificate, che fanno parte del patrimonio culturale e professionale locale

la sicurezza: non solo la più scontata legata all’emergenza urgenza, ma anche la certezza della qualità delle cure che si ricevono, la possibilità di essere ricoverato quando necessario con la certezza di azioni efficaci senza dover immaginare di uscire dal proprio territorio per cercare sicurezza nei trattamenti.

Non si deve andare in un servizio per obbligo, ma per fiducia, in caso contrario chi va per obbligo ha meno diritti di chi può andare dove ha fiducia di trovare il servizio migliore.

il confort: inteso come facilità di accesso alle prestazioni essenziali, secondo un modello, peraltro già conosciuto, che prevede la disponibilità in loco delle funzioni che riguardano patologie più diffuse e che richiedono trattamenti a minor impatto tecnologico e specialistico; mentre le problematiche sanitarie meno frequenti e a più alto impegno strumentale e di competenze, pare corretto concentrarle in punti che garantiscano questi requisiti oltre il peso numerico di una certa casistica necessaria a garantirne l’efficacia.

In quest’ultimo caso però occorre non abbandonare il cittadino di fronte al problema dello spostamento, che può anch’esso divenire strumento di disuguaglianza, se i servizi pubblici non danno, a chi non è in grado di gestirlo autonomamente, un servizio di trasporto per raggiungere agevolmente le sedi di erogazione.

competenze mediche particolarmente qualificate: non va sottovalutato il fatto nell’ospedale operino alcuni professionisti di alto livello; da un lato ciò dà garanzia di qualità operativa (vedi sicurezza) e dall’altro mantiene sul territorio una cultura sanitaria che permette lo svilupparsi di un dibattito formativo, il quale finisce per giovare sia agli assistiti che a tutti i professionisti della salute

Senza scendere in dettagli specifici si concorderà con l’Azienda Unità Sanitaria Locale un “disegno” definitivo del nostro ospedale e le tappe per raggiungerlo. Scopo principale sarà superare le criticità che si sono manifestate negli ultimi tempi nel nostro ospedale, definire quali settori e attività debbano essere ricompresi al suo interno e quali raccordi sia possibile istituire con il resto dell’Azienda secondo il modello di una rete integrata di prestazioni.

Alcuni temi di discussione sono già aperti: punto nascita e pediatria ad esempio, ma anche il ruolo dell’ospedale nei confronti dei portatori di disabilità croniche gravi, la congruità del servizio territoriale di emergenza urgenza.

L’importante però è non fermarsi a singoli problemi, ma, come detto, definire il quadro generale di quello che l’Ospedale di Faenza dovrà essere e dovrà fare nei confronti della popolazione, non solo faentina ma dell’Unione dei Comuni, che rappresenta il suo vero bacino d’utenza e che dovrà sostenere assieme alla nostra amministrazione la discussione sul futuro dell’ospedale.

LA PRESA IN CARICO

Si potrebbe considerare più una relazione che un servizio, consiste nel non far mai sentire l’assistito solo, nel mettere insieme le competenze (e di conseguenza mettere a confronto i professionisti che le rappresentano)per condividere gli interventi ritenuti utili, nell’aiutarlo ad aiutarsi da solo, nel tenere sotto controllo in particolare le situazioni di passaggio che ancor oggi possono rappresentare i momenti in cui l’assistito si trova abbandonato a sé stesso.

La presa in carico richiede rispetto: non basta saper dare informazioni e consigli a chi si muove con autonomia nei servizi, ma occorre saper accompagnare per mano, (anche collegandosi con altri servizi, operatori, cittadini) i più fragili e meno capaci (aumento delle disuguaglianze).

In tutto questo può dare, e dà, una mano il volontariato, che va allora valorizzato e indirizzato nella sua funzione di supporto alle attività socio-sanitarie. Tutto questo però non può succedere per caso, ma va aperto un tavolo di discussione anche con il volontariato sanitario e sociale per integrare sempre di più l’apporto che esso può dare con le attività dei servizi.

Vista la particolarità del programma della sanità, che si presenta quasi come una sorta di grande work in progress per l’intero mandato, facciamo la proposta di istituire un gruppo di lavoro su tematiche socio- sanitarie per approfondire i punti del programma.

Un gruppo però che non avrà finalità elettorali, ma che dovrà prendere vita il giorno dopo l’elezione del nuovo sindaco e seguire nel tempo la progressione degli eventi in questo cruciale settore. Sarà quindi un luogo dove amministratori ed eletti potranno confrontarsi e analizzare queste tematiche con persone con cui condividono obiettivi e valori, mentre quelli che hanno contribuito alla costruzione del programma e altri interessati a questi temi avranno un luogo di dibattito politico e approfondimento cui potranno contribuire.

Alcune azioni concrete:

  1. Concordare con l’ASL Romagna per il completamento della Casa della Salute, secondo il modello previsto dalle Regione e progettato dalla nostra Azienda. Consolidata la prima Casa della Salute, lavoreremo per individuarne e metterne in funzione una seconda.
  2. Concordare con l’ASL Romagna un incremento dei servizi sul territorio, anche innovando i modelli, sfruttando l’esperienza maturata nella recente epidemia di Covid-19, con lo scopo di garantire sempre di più la continuità della cura, superando la frattura ospedale – territorio in maniera definitiva.
  3. Potenziamento del servizio pubblico di ambulanza attraverso la trasformazione della terza ambulanza presente sul territorio da h12 a h24, come le altre due.
  4. Creazione della nuova Pediatria, con una metratura ben più importante di quella attuale, trasferita nell’ultimo piano della nuova scala, e con la possibilità di mantenere un presidio di prossimità anche con degenza e osservazione breve e intensiva. Non si tratta solo di potenziare un servizio, ma anche di dare un forte segnale sul tema della natalità e del sostegno alle famiglie.
  5. Consolidare nuovi posti a terapia sub intensiva nel nostro presidio ospedaliero per garantire la necessaria assistenza ai malati di SLA.
  6. Condivisione con gli altri attori del “disegno” definitivo dell’Ospedale di Faenza, definendo il suo ruolo nei confronti del territorio di riferimento (l’Unione dei Comuni e il Distretto Sanitario) in ragione di cosa oggi debba fare parte di un ospedale locale e cosa invece debba essere concentrato, senza preclusioni per future evoluzioni in AUSL Romagna
  7. Sviluppo di un rapporto stabile di collaborazione con l'ASL per la ricerca di bandi e l’ottenimento di fondi pubblici da investire nell’ospedale cittadino, per garantire crescita e mantenimento di reparti fondamentali, di guardie mediche notturne, di medici di base e la possibilità di psicologi di base.