Ambiente, Lavoro, Qualità dello sviluppo

Spesso, questi fondamentali titoli, vengono affrontati in modo separato, a volte addirittura in contrapposizione tra loro. Noi pensiamo invece che, in particolare oggi, debbano essere affrontati assieme, perché tutte le attività umane necessariamente incidono sulla “sostenibilità” (ossia sulla possibilità di durare nel tempo) dal punto di vista ambientale, sociale, economico.

Ed è proprio nel rapporto e nell'integrazione di queste tre variabili che vanno trovate e articolate le giuste gerarchie di priorità, per una idea di “sviluppo” equo, per la società, la città e il territorio. Le crisi che stiamo attraversando, sulle questioni dell'ambiente, del clima, dell'economia, dell'occupazione, dell'aumento delle diseguaglianze e di nuove povertà, sono intrecciate tra loro. L'Emergenza Covid, che è anche un effetto di uno sfruttamento intensivo delle risorse naturali, sta aggravando queste crisi, facendo emergere altre carenze e criticità: sui servizi, sulla sanità, sulla scuola, ecc...

Non tutto potrà essere come prima! E' una affermazione che abbiamo sentito, e/o ripetuto in questi mesi, oggi è ora di cominciare a declinarla per una “riconversione di questo modello di sviluppo” che significaseppur progressivamente, cambiare i modi di produrre, di consumare, di muoversi, di abitare; significa un uso razionale di tutte le risorse naturali, uscire dalle fonti energetiche fossili, verso quelle rinnovabili, ecc.

Il valore di fondo in ogni ambito non più essere la crescita quantitativa, ma semmai la qualità, gli stessi indicatori per misurare gli andamenti devono cambiare, non possono più essere quelli puramente economici e il Prodotto Interno Lordo. All'andamento del PIL, noi preferiamo quello del BES, il Benessere Equo e Sostenibile, un indicatore sviluppato dall'ISTAT, con l'obiettivo di valutare il progresso di una società non soltanto dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale.

Certo si tratta di cambiamenti radicali che devono essere implementati su vasta scala, addirittura a livello globale, ma che possono essere agevolati e avviati anche da scelte locali e territoriali.

Noi proponiamo che anche ai nostri livelli, a Faenza, nell'Unione della Romagna Faentina, come a livello regionale - dove già esiste qualche orientamento in questo senso - si comincino a praticare con coerenza queste impostazioni in tutte le scelte amministrative e nei contenuti dei diversi strumenti di programmazione ( sulla mobilità, l'urbanistica, l'energia, ecc. ).

Allora quando si parla, per il territorio faentino, di un “ecosistema territoriale attrattivo” non è più possibile declinarlo con vecchi slogan tipo, “marketing territoriale” o “scouting aziendale”. Dovremmo forse metterci in competizione e in concorrenza con i territori limitrofi, magari offrendo regole al ribasso ?

Occorre piuttosto, partendo dalle diverse vocazioni dei nostri territori, operare per il massimo di qualità e sostenibilità sociale e ambientale, farne l'elemento distintivo, utilizzando le competenze e le eccellenze, nelle varie filiere produttive, per qualificare l'intero sistema territoriale produttivo e sociale.

Se partissimo: dall'efficienza nella produzione e nell'uso dell'energia; dalla mobilità sostenibile, per le persone e le merci; dalla corretta gestione dei rifiuti, secondo i principi dell'economia circolare; dalla rigenerazione urbana e dal consumo di suolo zero; da interventi sulle emissioni per ridurre inquinanti, fumi e cattivi odori; da opere di adattamento e mitigazione rispetto ai cambiamenti climatici già in atto; tutto questo servirebbe non solo ad avere un territorio, una città, un ambiente più vivibile e godibile per tutti, ma anche a mantenere e creare nuovo lavoro con attività economiche di qualità. Questa è la giusta declinazione di un“ecosistema territoriale attrattivo”.

La felice intuizione di Elly Schelin, lanciata nella campagna per le elezioni regionali, su “un patto per il clima”, con l'obiettivo di azzerare le emissioni climalteranti entro il 2050 e passare al 100% di fonti rinnovabili entro il 2035, assunta poi dalla Giunta Regionale nel “Nuovo patto per il lavoro e il clima”, dovrà essere l'occasione per declinare anche nei nostri territori questi obiettivi, riscrivendo il vecchio “patto per lo sviluppo”, con un ampio coinvolgimento delle parti imprenditoriali, dei sindacati, delle associazioni ambientaliste, sociali e dell'intera comunità.